Pogo 30 – Il perché di una scelta e la prova in mare – Di Marco Giudici

(ndr Post del 2015 ripublicato nel 2024) Marco da zena ha acquistato il Pogo 30 della Chantier naval Structures, gli ho chiesto di raccontarmi per il VelaBlog la prova in mare, lui è andato oltre e ne ha fatto un post completo e puntuale sul percorso che lo ha portato a sceglierla come barca, uno dei migliori mai pubblicati qui dentro.

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Di Marco Giudici – L’amico Sergio mi chiede di raccontargli qualcosa del POGO 30 e della mia scelta di acquistare questa barca, di un cantiere da noi poco conosciuto, se non per una ristretta cerchia di ministi che da anni conosce il Pogo Mini 650, giunto proprio quest’anno alla terza versione dopo aver vinto di tutto in passato con le due precedenti.

Dopo lunghe riflessioni ho messo in vendita il Dufour 45 Performance perché moglie e figlia in barca hanno deciso che non ci vengono più, io posso andare in barca quando voglio, ma gli amici lavorano ancora ed onestamente un 45 per andare in barca da solo è tanto grande.

Ci sono andato da solo, e fino a quando tutto va bene non ci sono problemi, ma già le manovre di attracco da solo sono sempre un po’ a rischio, se poi qualcosa va storto i problemi, quando sei solo, assumono dimensioni esponenziali, insomma mi serviva qualcosa di più piccolo, ma soprattutto pensato per un uso in solitario.

Ho anche un Nordic Folkboat del 1951, che per andare in barca a fare quattro bordi davanti a casa va benissimo, non ha neppure lo spi, ma un pilota è difficilmente installabile, le manovre sono quelle originali, con il kandar per la drizza randa ed un paranco su rotaia per mettere a segno la drizza genoa, il boma in issata va tenuto bello alto per non danneggiare la tuga, ma un amantiglio non è neppure montabile, in più il fuoribordo appeso a poppa obbliga a fare un po’ di equilibrismo per manovrare, arrivare al gas e al comando marcia obbliga a manovrare in ginocchio accanto al motore con la barra davanti a se, insomma il numero minimo è di due persone.

E allora eccomi qui a visitare saloni nautici (Cannes, Genova, La Rochelle e Dusseldorf), a leggere con ancora più attenzione le riviste nautiche francesi che compro, la Francia produce decine di barche di taglia piccola che da noi non arrivano, a navigare sul web ed a fare confronti.

Il programma di navigazione:

‐ Uscite giornaliere o di pochi giorni in solitario
‐ Qualche regata lunga x 2
‐ Rare regate tra le boe senza stare a pensare troppo alla classifica e senza stress da equipaggio
‐ Ancora più rare crocierine

Visto quanto sopra, e il fatto che non sono più un ragazzino, mi sono dato una taglia massima di 10 metri, minima di 8 per avere una barca comoda da viverci qualche giorno, senza carichi eccessivi in gioco e ragionevole da gestire.

Dopo varii livelli di scrematura le barche rimaste in lizza erano le seguenti, tutte francesi:
‐ RM 890
‐ POGO 30
‐ JPK 960
‐ ARCHAMBAULT A31

La prima 100% cruise oriented, scafo a spigolo in compensato marino ed epossidica, le ultime due 80% race oriented, velocissime, ma nate per regatare in equipaggio, quelle che partecipano alle regate con equipaggio ridotto richiedono importanti modifiche nelle manovre e la mancanza dell’equipaggio in falchetta lo patiscono, alla fine restava il POGO 30.

Considerata dal cantiere POGO Structures, di Combrit, nella regione bretone chiamata Finisterre, una barca da crociera, pur se di recente presentazione, 2013, ne hanno già costruite una cinquantina ed ha visto diversi equipaggi sfidarsi in regata inclusa la Transquadra (regata in singolo o in doppio per ultraquarantenni che attraversa l’Atlantico con sosta intermedia alle Azzorre).

Caratteristiche e specifiche

Lunghezza 9,14 x larghezza 3,70 x immersione di 1,90 nella versione, che ho scelto, a chiglia fissa, il tutto per 2800 kilogrammi di peso ed una superfice velica randa top square e solent di 60 metri quadri, vista in pianta sembra la punta di una freccia con il baglio massimo a poppa estrema.

Leggendo i dati si immagina una barca da corsa, ma gli interni, ancorchè in stile molto spartano ed essenziale (il lavandino in bagno è un optional) ci sono, la linea è molto sportiva, ma decisamente accattivante, è armata con il cervello in modalità ON e tutto è non solo a portata di mano, ma anche di altissimo livello tecnico, pensata per essere portata da una persona in compagnia solo del suo pilota automatico.

Doppia barra del timone che con le prolunghe consente di arrivare ai quattro winch sulla tuga che, serviti da due batterie di stopper e strozzatori, permettono di gestire tutte le manovre, incluse scotte di randa e vele di prua.

La gestione delle scotte sulla tuga mi ha un po’ stupito, anche perché il cantiere offre in opzione una gestione più tradizionale con scotta randa in pozzetto e winch sulle panche, ma il direttore commerciale del cantiere, a Dusseldorf, mi ha detto di provare e poi decidere, ed aveva ragione lui.

Quindi la settimana scorsa sono andato in Bretagna a visitare il cantiere ed a provare la barca, 1300 km di auto da casa per arrivare a Benodet, sulla sponda opposta del fiume Odet, nanna in un piccolo ma bellissimo appartmento in una casa d’epoca a 30 metri dal mare e la mattina verso le 10 sono in cantiere.

Il metodo di costruzione

Chantal, la signora con cui ho avuto i contatti via email, mi accompagna a visitare il cantiere in un modo molto trasparente, posso fotografare quello che desidero, chiedere, curiosare, insomma per me un invito a nozze ed ho girato per tutti i 6000 metri quadri del cantiere.

Tutte le parti in vetroresina sono ottenute per infusione, si preparano i teli di fibra di vetro ed il materiale espanso al centro del sandwich secondo il progetto, poi si posizioni dei sacchi collegati ad un pompa del vuoto ed a una pompa per la resina, si toglie l’aria e la resina va a riempire tutti i vuoti ottenendo un manufatto senza eccessi di resina, senza sacche d’aria, senza vapori di solvente nell’aria e con un livello di finitura superficiale eccellente.

Giusto per dare un’idea della cura del lavoro, su tutta l’opera viva usano un gelcoat trasparente in modo da poter controllare anche visivamente la qualità dell’impregnazione. Tutta la falegnameria, che sulle loro barche non è comunque molta, è fatta in casa con compensato prodotto in Finlandia su specifica del cantiere.

Le ferramenta in inox sono realizzate nell’azienda adiacente alla loro in questa piccola zona artigianale interamente dedicata alle barche e non solo da diporto.

In una gamma da 6.50 a 50 piedi (incluso anche un Class 40) il 30 al momento è la barca più venduta e la prima barca dopo la mia sarebbe stata disponibile a maggio 2016, la mia arriverà a ottobre solo perché il cliente che l’aveva ordinata ha ordinato il nuovo 36 presentato al Salone di Parigi e non ancora in produzione lasciando quindi una barca disponibile.

La prova in mare

Dopo una lunga chiacchierata con Chantal a proposito di optional, colore dei rivestimenti in stoffa e mille altre cose una veloce pausa pranzo a base di strepitose crepes salate ed alle 14 al pontile H di Benodet per l’uscita in mare.

La persona che incontro è lo skipper del cantiere, quello che porta in giro le barche e le fa regatare, un personaggio davvero amante del mare e della vela, la manovra per uscire dal pontile non è semplicissima complice una corrente di marea montante di 3 nodi, ma la barca è molto maneggevole e con il motore a 2000 giri facciamo solo 3 nodi per uscire in mare, la giornata è primaverile e l’uscita dall’Odet tra Benodet e St. Marine offre scorci deliziosi.

Appena fuori la randa è issata sull’albero in carbonio con poche bracciate e poco o nulla winch, 4/5 nodi di vento, srollato il solent cominciamo a muoverci dolcemente di bolina sempre a circa un nodo in meno del vento, la barra è morbidissima e quando, per prova, lo skipper stacca l’autopilota lo è ancora di più.

Nel golfo ci sono diverse barche e noi siamo in assoluto i più veloci anche se i più piccoli, un miglio fuori il vento arriva a 6 nodi, provo qualche virata, basta buttare la barra all’orza, andare alla tuga, lascare e cazzare il solent e tornare alla barra per riprendere la bolina, una stabilità di rotta impressionante, chiedo se lascare la randa con la scotta alla tuga non sia pericoloso, mi spiega che se serve lascare vuol dire che siamo al momento di ridurre, normalmente basta scarrellare ed il trasto a poppa estrema ha una corsa davvero notevole con i rimandi della manovra sempre a portata di mano del timoniere.

6 nodi di vento costanti, mare calmo, in pochi secondi è su un A2 da quasi 90 metri quadri, navighiamo alla velocità del vento, la strambata è un gioco da ragazzi grazie al bompresso estraibile da 1,5 metri, la velocità varia di un nulla, il vento gira, veloce ammainata e rientro di bolina aiutati ora dalla corrente, con il pilota ammainare la randa, lazy jack di serie, è semplice e veloce.

La manovra di ormeggio, ovviamente di prua, sarebbe complicata dalla forte corrente, ma la barca manovra come un autoscontro e risponde immediatamente al motore, un gioco da bambini.

Tre ore sono volate, se la barca mi piaceva molto ora mi sono innamorato e non vedo l’ora che arrivi ottobre ;‐)

Marco da zena

Info su www.pogostructures.com

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